Atleta infortunatoL’ansia dell’atleta è una manifestazione patologica dello stress

Il vissuto soggettivo è quello di una sproporzione tra le capacità delle forze personali e l’entità delle situazioni che si devono affrontare. L’ansia tende a coinvolgere l’atleta in tutte le sue manifestazioni e comprende processi di natura fisiologica, di natura comportamentale e di natura psicologica.

I processi di natura fisiologica rappresentano la condizione necessaria per poter affermare che l’individuo è ansioso. I segnali che vengono dal corpo sono innumerevoli e fra quelli più facilmente osservabili dall’ atleta stesso sono: palpitazioni cardiache (cuore in gola), respiro affannoso, tensione muscolare, sudorazione eccessiva, dolori allo stomaco e bocca secca.

Le modificazioni a carico del sistema nervoso vegetativo dell’ atleta sono complesse e variano da individuo ad individuo. In altre parole, è possibile che da una stessa situazione stressante si sviluppino reazioni differenti che dipendono dal tipo di dominanza del sistema nervoso vegetativo.

I processi di natura comportamentale si riferiscono al comportamento dell’atleta e naturalmente può assumere forme diverse da individuo ad individuo.

L’ atleta che non è in grado di trovare una soluzione positiva alla propria ansia può manifestare i seguenti comportamenti:

Atleta sofferenza

  • Di fuga: Scappare dalla competizione non è possibile, ma l’atleta che vuol sfuggire la gara può manifestare questa sua intenzione facendo il riscaldamento in modo blando, senza impegno, mostrandosi preoccupato, lamentandosi di non aver digerito, proprio come se volesse crearsi delle scuse per non affrontare la prova.
  • Di immobilità: L’atleta sembra paralizzato dalla propria tensione, appare rigido e i suoi movimenti non sono fluidi, anche il gesto tecnico più facile diventa difficile da compiere.

I processi di natura psicologica sono quelli che riguardano l’attività mentale. L’irruzione non prevista di una situazione ansiogena provoca un’interruzione della normale attività mentale e la rottura, più o meno prolungata nel tempo, del dialogo tra il soggetto e l’ambiente esterno.

L’ atleta manifesta senso di confusione, insicurezza, incapacità a concentrarsi, difficoltà a prendere decisioni, incapacità a seguire una strategia coerente con la situazione agonistica. Questa breve spiegazione ci fa capire come sia determinante e fondamentale che un arbitro sappia conoscere ed imparare a gestire la propria ansia agonistica, infatti NON E’ L’ANSIA IN SE’ CHE BLOCCA LA PRESTAZIONE, ma il fattore determinante è come l’atleta-arbitro percepisce le manifestazioni ansiose e come indirizza questo tipo di attivazione e di energia.

L’ansia se ben convogliata è considerata come una reazione adattiva in grado di preparare l’organismo all’azione. Questa ansia fisiologica positiva è definita AROUSAL o ansia di attivazione.

Il problema principale è capire qual è il giusto grado di attivazione, infatti il segreto di una prestazione ottimale non ostacolata dall’ansia risiede nel trovare il perfetto equilibrio tra incitamento e calma.