Un articolo, pubblicato nel 2006, di Journal of Consulting and Clinical Psychology, descrive un’inconsueto intervento terapeutico a basso costo realizzato dalla Washington University di Seattle, a favore dei propri studenti.

Una semplice lettera personalizzata si è rivelata efficace nella riduzione dei sintomi della depressione non severa.

Ma vediamo come è andata. Per prima cosa è stato effettuato uno screening su circa 1200 studenti; 177 di essi sono stati diagnosticati come depressi o con sintomatologia depressiva e sono stati avviati a una valutazione più approfondita con un colloquio individuale.

La settimana successiva metà degli studenti coinvolti ha ricevuto una lettera personalizzata con il feedback della propria valutazione. La lettera spiegava che la depressione è un’ esperienza non rara per gli studenti universitari, riportava tutti gli elementi salienti emersi nel colloquio di valutazione e suggeriva la possibilità di mettere in atto una serie di strategie per ridurre il disagio riscontrato: il ricorso al supporto sociale, il coinvolgimento in attività piacevoli, l’esercizio fisico, le letture di autoaiuto, la meditazione e la farmacologia disponibile. Venivano riportati esempi di problem solving e indicata la possibilità di una ristrutturazione cognitiva al fine di modificare credenze e pensieri disfunzionali. In coda venivano illustrate le opportunità di trattamento psicologico dentro e fuori dal campus.

L’altra metà di studenti ha ricevuto solo un semplice “grazie” e un numero di telefono da chiamare per aiuto o consulenza.

Al follow up, dopo un mese, la differenza fra i due gruppi è stata piuttosto sorprendente.

Coloro che avevano ricevuto la lettera mostravano un tasso di riduzione della severità dei sintomi depressivi del 20%, comparata all’8% degli altri. I sentimenti di disperazione erano diminuiti del 35% contro il 7% degli studenti “non trattati”.

E’ chiaro che si tratta di depressione lieve o media, che comunque inquina la vita sociale e accademica di molti studenti e li pone a rischio di una futura depressione clinica, ed è altrettanto chiaro che questo tipo di metodologia è probabilmente più inquadrabile in una logica di prevenzione della depressione severa che non di cura.

Ciò non toglie che, non ci stancheremo mai di dirlo, il “prendersi carico” della sofferenza psicologica è già terapia.

Inoltre questo studio dimostra che, se si superano certe rigidità di approccio e certe macchinosità delle procedure sanitarie, un intervento sulla salute mentale pubblica è possibile a costi praticamente nulli. Soprattutto per popolazioni “raggiungibili” come quella scolastica.